Ecco i primi estratti dell’intervista esclusiva che il Santo Padre ha concesso alla Gazzetta dello Sport e che trovate in edicola, con una versione integrale nel “libro-enciclica” sullo sport in omaggio con Gazzetta e Sportweek
Papa Francesco, da sempre vicino agli atleti e ai temi dello sport, ha risposto a 31 domande, approfondendo in particolare le prime 7, che ruotano attorno ad altrettante parole chiave: lealtà, impegno, sacrificio, inclusione, spirito di gruppo, ascesi e riscatto che sintetizzano il suo pensiero sull’importanza e il valore dello sport. L’intervista è stata fatta all’inizio di dicembre durante un incontro nella residenza di Casa Santa Marta, in Vaticano, nel quale il Papa ha ricevuto Stefano Barigelli, direttore de La Gazzetta dello Sport, Pier Bergonzi, vicedirettore della Gazzetta e autore dell’intervista e don Marco Pozza, il prete maratoneta che ha fatto anche dello sport la sua missione.
Qui un estratto dell’intervista a Papa Francesco che trovate sulla Gazzetta.
Santo Padre, lei ha raccontato che da bambino andava allo stadio con i suoi genitori a vedere le partite di calcio.
“Ricordo molto bene e con piacere quando, da bambino, con la mia famiglia andavamo allo stadio, El Gasómetro. Ho memoria, in modo particolare, del campionato del 1946, quello che il mio San Lorenzo vinse. Ricordo quelle giornate passate a vedere i calciatori giocare e la felicità di noi bambini quando tornavamo a casa: la gioia, la felicità sul volto, l’adrenalina nel sangue. Poi ho un altro ricordo, quello del pallone di stracci, la pelota de trapo: il cuoio costava e noi eravamo poveri, la gomma non era ancora così abituale, ma a noi bastava una palla di stracci per divertirci e fare, quasi, dei miracoli giocando nella piazzetta vicino a casa. Da piccolo mi piaceva il calcio, ma non ero tra i più bravi, anzi ero quello che in Argentina chiamano un “pata dura”, letteralmente gamba dura. Per questo mi facevano sempre giocare in porta. Ma fare il portiere è stato per me una grande scuola di vita. Il portiere deve essere pronto a rispondere a pericoli che possono arrivare da ogni parte… E ho giocato anche a basket, mi piaceva il basket perché mio papà era una colonna della squadra di pallacanestro del San Lorenzo”.
C’è una pagina dello sport, o un avvenimento, che lei ricorda con piacere?
“Non ho una così grande conoscenza in materia, ma le posso dire che seguo con interesse tutte quelle storie di sport che non sono fini a se stesse, ma provano a lasciare il mondo un po’ migliore di come lo trovano. Quando, durante un viaggio apostolico, sono stato allo Yad Vashem a Gerusalemme, ricordo che mi raccontarono di Gino Bartali, il leggendario ciclista che, reclutato dal cardinale Elia Dalla Costa, con la scusa di allenarsi in bicicletta partiva da Firenze alla volta di Assisi e faceva ritorno con decine di documenti falsi nascosti nel telaio della bici che servivano per far fuggire e quindi salvare gli ebrei. Pedalava per centinaia di chilometri ogni giorno sapendo che, qualora lo avessero fermato, sarebbe stata la sua fine. Così facendo offrì una vita nuova a intere famiglie perseguitate dai nazisti, nascondendo qualcuno di loro anche a casa sua. Si dice che aiutò circa ottocento ebrei, con le loro famiglie, a salvarsi durante la barbarie a cui vennero sottoposti. Diceva che il bene si fa e non si dice, se no che bene è? Lo Yad Vashem lo considera “Giusto tra le nazioni”, riconoscendo il suo impegno. Ecco la storia di uno sportivo che ha lasciato il mondo un po’ meglio di come lo ha trovato”.
Il calcio, anzi lo sport, ha recentemente pianto la scomparsa di Maradona, considerato da molti il più grande calciatore di sempre. Che cosa ha rappresentato per la vostra Argentina?
“Ho incontrato Diego Armando Maradona in occasione di una partita per la Pace nel 2014: ricordo con piacere tutto quello che Diego ha fatto per la Scholas Occurrentes, la Fondazione che si occupa dei bisognosi in tutto il mondo. In campo è stato un poeta, un grande campione che ha regalato gioia a milioni di persone, in Argentina come a Napoli. Era anche un uomo molto fragile”.
L’allenamento è la via del perfezionamento. È la base di partenza per superare se stessi.
“Nessun campione si costruisce in laboratorio. A volte è accaduto, e non possiamo essere certi che non succederà ancora, anche se speriamo di no! Ma il tempo smaschera i talenti originali da quelli costruiti: un campione nasce e si rinforza con l’allenamento. Il doping nello sport non è soltanto un imbroglio, è una scorciatoia che annulla la dignità. Il talento è un dono ricevuto ma questo non basta: tu ci devi lavorare sopra. Allenarsi, allora, sarà prendersi cura del talento, cercare di farlo maturare al massimo delle sue possibilità. Mi vengono in mente coloro che corrono i 100 metri alle Olimpiadi: per quei pochissimi secondi, anni e anni di allenamento, senza le luci accese. Ogni tanto leggo di qualche grande campione che è il primo ad arrivare all’allenamento e l’ultimo ad andarsene: è la testimonianza che la forza di volontà è più forte dell’abilità. Qui lo sport viaggia di pari passo con la vita: la bellezza, qualunque sia la sua declinazione, è sempre il frutto di una fiammella da tenere accesa giorno dopo giorno”.
Questo è il primo numero della Gazzetta del 2021. Qual è l’augurio di Papa Francesco per l’umanità in questo inizio d’anno?
“Il mio augurio è molto semplice, lo dico con le parole che hanno scritto su una maglietta che mi è stata regalata: ‘Meglio una sconfitta pulita che una vittoria sporca’. Lo auguro a tutto il mondo, non solo a quello dello sport. È la maniera più bella per giocarsi la vita a testa alta. Che Dio ci doni giorni santi. Pregate per me, per favore: perché non smetta di allenarmi con Dio!”
Fonte: Gazzetta dello Sport